Che cosa significa comunicare nel XXI secolo, l'era dei social?
Il mondo della comunicazione è in costante evoluzione, così come l’essere umano stesso ha un continuo bisogno di reinventarsi, evolvere, crescere...
L’avvento di internet prima e lo sviluppo dei social network poi, hanno reso possibile la nascita di nuove professioni e la creazione di nuovi lavori, favorendo anche un’evoluzione dal punto di vista del mercato del lavoro.
Oggi il concetto di “nomadi digitali” è sdoganato e sempre più persone fanno ricorso ad un lavoro “smart”, accedendo ad impieghi che nulla hanno a che vedere con i paradigmi del passato e con i dettami del “lavoro da ufficio”.
I nomadi digitali sono sempre più numerosi proprio per il fatto che, in un’ottica di costante evoluzione lavorativa, le attività consulenziali, che è possibile svolgere da qualsiasi posto del mondo, sono sempre più diffuse. Tra queste, possiamo inserire anche quelle relative al fornire consigli, presentare un prodotto o un servizio, ispirando un cambiamento nelle abitudini o negli acquisti.
E gli influencer? Chi sono? Che fanno?
Chi fornisce consigli e crea contenuti utili alla propria platea, utilizzando i social e coinvolgendo una platea considerevole di persone costantemente interessate a ciò che si comunica e si fa, può definirsi un “influencer”. Una persona, dunque, in grado di influenzare usi, consumi, tendenze d’acquisto, di un determinato pubblico… oppure una persona influente?
Forse sarebbe più corretto parlare di persone in grado di ispirare gli altri, condizionandone abitudini d’acquisto e, talvolta, anche usi e costumi. Attenzione, però: in un’epoca di grande incertezza valoriale e confusione di ideali, spesso la tendenza degli influencer rischia di non esser tanto quella di essere utili agli altri, fornendo ottimi consigli, quanto quella di fare “le star”, mettendosi sotto la luce dei riflettori e cercando di catalizzare su loro stessi le attenzioni del pubblico. In tale situazione, allora, si finisce per utilizzare il prodotto (o il servizio) di cui si sarebbe dovuto parlare, più come pretesto per mettersi in mostra, che come vero fine della propria comunicazione.
Ancora peggio, tuttavia, è la tendenza che in molti tendono ad avere, di utilizzare gli innumerevoli strumenti che la tecnologia ci ha messo a disposizione, per “overcomunicare”, straparlare, raccontare qualsiasi cosa si faccia, dica o pensi… E questo è un problema che accomuna gli influencer a certe aziende.
L'importanza di creare una relazione.
Il potere di un brand (o di un influencer) non riguarda tanto la presenza ossessiva all’interno di una o più piattaforme, quanto la connessione e lo sviluppo di relazioni con gli altri.
Le persone seguono un’azienda, o un’influencer, per risolvere un problema specifico grazie ad un prodotto o ad un servizio e per acquisire informazioni di valore su uno specifico problema: è necessario, dunque, che quell’azienda (o quell’influencer), allora, vengano percepiti come leader su un determinato settore, in grado di ispirare...
Comunicare è cosa ben diversa dal fare rumore per attrarre l’attenzione. Del resto, come disse il grande Umberto Eco: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli!”
Da un grande potere derivano grandi responsabilità: costruire la propria credibilità ed usarla per creare e veicolare contenuti di qualità dovrebbe essere la vera mission di chi vuole fare comunicazione: che si tratti di un influencer o di un semplice utilizzatore dei social.