A Natale (si dice) "siamo tutti più buoni"... ma non sembrerebbe, considerando gli avvenimenti che stanno segnando questo dicembre 2023, con tutte le conseguenziali reazioni.
Per prima cosa, il 14 dicembre l'Antitrust ha deciso di multare Chiara Ferragni e l'azienda Bolocco, rei di aver realizzato pubblicità ingannevole, relativamente ad una iniziativa benefica svoltasi per il Natale 2022: rispettivamente un milione per la influencer e 420 mila euro per l'azienda. Le associazioni Codacons e Assourt hanno, infatti, ipotizzato il reato di truffa aggravata per il caso del pandoro griffato, presentando un esposto al procuratore di Milano Marcello Viola. L'imprenditrice cremonese aveva collaborato con l'azienda della provincia di Cuneo per la realizzazione di un pandoro griffato nel 2022, col cui acquisto si laciava intendere ai consumatori che avrebbero contribuito a una donazione per l’Ospedale Regina Margherita di Torino. Una donazione, invece, era già stata effettuata mesi prima dall'impresa dolciaria: tutti i ricavi dell'iniziativa erano andati nelle casse dell'azienda stessa e, soprattutto, della Ferragni che da questa operazione aveva incassato oltre un milione di euro.
Esplosione social: in tanti si sono scagliati contri di lei e anche, perchè no, contro il marito, che nel frattempo se ne era uscito con un (evitabile?) video in difesa della moglie stessa, in risposta all'intervento della Premier Giorgia Meloni che, durante la chiusura di Atreju, l'evento di Fratelli d'Italia, aveva fatto un richiamo alla vicenda.
Ad ogni modo, per difendersi, "The Blonde Salad" ha provveduto a mettere in rete un proprio video, in abiti dimessi e struccata (lei, abituata ad apparire sempre perfetta, o quasi...), in cui goffamente tenta di scusarsi, attibuendo la colpa di una condotta disdicevole ad un "errore di comunicazione". Condisce il tutto, la voce rotta dal pianto e l'annuncio di una donazione (pari alla multa ed anche al cachet incassato per l'attività promozionale) all'ospedale Regina Margherita. Scuse arrivate solo 3 giorni dopo la sanzione comminata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dopo aver promesso battaglia legale contro tale decisione.
Quando la pezza è peggiore del buco... Restano comunque alcune domande, tra cui: perchè provare a giocare su alcune zone d'ombra, sperando che nessuno se ne accorga? Perchè dichiarare pubblicamente di fare beneficenza, solo quando si è ormai stati messi alla gogna? Intanto la "tuta delle pubbliche scuse" (più simile ad un pigiama da carcerati), è arrivata già a costare 600 euro, andando a ruba... riprova del fatto che ogni azione è sempre molto studiata... Stiamo a vedere quali saranno ora gli ulteriori sviluppi della vicenda.
Da un cibo simbolo del Natale ad una bevanda simbolo della nostra Nazione, il vino, per il secondo caso di cui parlare: quello inerente la puntata della trasmissione "Report" andata in onda lo scorso 17 dicembre dedicata proprio alla nostra bevanda nazionale. Già il titolo scelto ("Piccoli chimici") non lasciava presagire niente di buono e infatti lo speciale, di circa un'ora, si rivela essere un minestrone di idee, informazioni, interviste (tagliate ad arte...?) e tanta confusione... A pochi giorni dall'entrata in vigore delle nuove norme inerenti l'etichettatura del vino, anzichè affrontare questo argomento di grande attualità (e su cui la tv di Stato avrrebbe potuto cogliere la palla al balzo per uno speciale), si è preferito far passare i produttori di vino come sofisticatori, "traffichini", disonesti furbacchioni, se non addirittura truffatori, facendo di tutta l'erba un fascio e confondendo non poco il consumatore finale.
Al di là di alcune inesattezze che rasentano l'assurdità (al minuto 26.13 si afferma che: "per dare aroma di frutti di bosco al momento della fermentazione basta aggiungere dei lieviti a base di frutti bosco"...cosa che non ha alcun senso...!), è vero che c'è tutta una industria di prodotti che servono ad aiutare le cantine a "migliorare" il proprio prodotto, ma questo non significa che sia necessario usarli o tantomeno che tutti li usino.
È inoltre necessario fare distinzione tra ciò che è concesso utilizzare, ciò che si può usare, ma non è corretto utilizzare (truffando il consumatore) e ciò che, infine, può nuocere alla salute. Non si è parlato affatto, ad esempio, dell'anidride solforosa, tema che sarebbe stato interessante approfondire, molto più del mosto concentrato rettificato, dipinto come la panacea di tutti i mali, nonchè il trucco a cui in molti farebbero ricorso per migliorare uve di scarsa qualità.
Insomma, un contenuto che di per sè non aggiunge nulla al mondo del vino, presentato in maniera da togliere credibilità ad un settore che coinvolge milioni di persone. Finchè ci si muove rispettando le leggi, non si può voler far passare come scabroso qualcosa di assolutamente lecito. Diverso il caso di chi froda, sofistica il prodotto o falsifica registri, come evidenziato nella seconda parte della trasmissione, che non fa altro che affermare qualcosa che si sa da tempo: milioni di litri di vino vengono spostati per andare a far parte di prodotti realizzati in zone ben distanti da quelle originarie e che, in molti casi, non riuscirebbero a "stare in piedi" da soli. Completa il minestrone di informazioni, il caso di chi utilizza uva da tavola per produrre vino.
Si fa, quindi, confusione tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Forse alcune norme sarebbero da rivedere e non è che tutto ciò che sia consentito dalla legge, debba necessariamente esser fatto, però tutta la trasmissione (e in particolare l'ultima parte) sembra voler più che altro insinuare il sospetto e gettare discredito sull'intero settore. Fa ancor più male se l'attacco arriva poi da un'importante trasmissione della televisione di Stato.
Mentre, dunque, nel primo caso c’è chi, pur avendo costruito il proprio impero proprio sulla comunicazione, si appella ad “errori di comunicazione”, nel secondo, si può parlare di comunicazione errata, parsa a tratti quasi pilotata per cercare di svilire il comparto vitivinicolo, incuneando il sospetto, nello spettatore, che si tratti di un settore corrotto, se non addirittura marcio fino al midollo.
Sicuramente "C'è del marcio in Danimarca" (e forse non solamente lì), ma, come sempre, la scelta del tono e dello stile di comunicazione da utilizzare, fa una grande differenza: tanto nel mondo del vino, quanto in quello degli influencer.